La valle del torrente CunazArtugna interessata dal sentiero, fa parte del versante sudorientale delle Prealpi Carniche Occidentali compreso tra Budoia e Montereale Valcellina.
Mappa del percorso
L’area è caratterizzata da rocce prevalentemente calcaree che si sono formate nel periodo Giurassico – Cretacico.
Aspetti geologici e geoformologici rilevanti riscontrabili lungo il sentiero di San Tomè.
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Nel primo tratto del percorso, sino circa quota 336 m, il sentiero si snoda sui sedimenti alluvionali pluriterrazzati del torrente CunazArtugna.
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Da quota 390 m in avanti, per circa 100 m, il sentiero corre lungo una parete rocciosa costituita da strati calcarei decimetrici con presenza di strati argilloso marnosi centimetrici. In alcuni punti (ad es. a quota 430), si possono osservare, sempre in parete, sezioni di sacche di argilla verde chiaro nel calcare variamente eroso, registrazione di una temporanea emersione dal mare e successivo deposito di sedimenti terrigeni (cioè sedimenti non di origine marina, ma terrestre) durante il Cretacico.
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Dalla chiesetta di San Tomè (punto più settentrionale del sentiero), la valle del CunazArtugna cambia completamente di direzione puntando verso N-E, mantenendo, sulla sinistra del torrente, le ‘Crode di San Tomè. Questa parete subverticale, di circa un centinaio di metri di calcare cretacico, di cui sono ben visibili le stratificazioni, viene utilizzata come palestra di roccia. L’improvviso cambio di direzione sopra citato della Valle superiore detta della Stua, ne indica la chiara origine tettonica; il torrente CunazArtugna nel suo tratto superiore si impostò su una linea di frattura (a causa del terreno più erodibile), chiamata Periadriatica. Questa linea, che prosegue verso sud ovest passando per Mezzonionte e Caneva, si originò dalle deformazioni che più in generale determinarono il sollevamento dell’intera catena montuosa.
Aspetti della flora e vegetazione
Il paesaggio che ci circonda è la complessa espressione delle trasformazioni naturali e antropiche succedutesi nel tempo: quelle naturali dovute ai mutamenti climatici, all’evolversi del suolo e alla successione delle cenosi, nella loro naturale tensione al miglior sfruttamento dell’energia disponibile e quelle prodotte dall’intervento dell’uomo dovute sia alla costruzione di manufatti, che agli interventi intenzionali e non sul manto vegetale.
Il sentiero naturalistico, nel suo pur breve percorso, attraversa almeno sette aspetti degni di considerazione:
la zona del mulino con i prati stabili e le siepi segnaconfine;
il greto del torrente Artugna;
il bosco ceduo di Carpino nero e Orniello con presenza di
Roverella e Nocciolo;
-la parete rocciosa strapiombante sul sentiero;
-il ghiaione con la presenza di festuca spectabilis e Geranium macrorhizum;
-la zona di rimboschimento di conifere presso la chiesetta si San Tomè.
La chiesetta di San Tomè
Sorge sopra un costone di roccia che da questa prende il nome. Si tratta di un edificio vestito, che si fa risalire, nella sua prima forma, al XIII secolo. Sicuramente il luogo è stato abitato in antichità. Il posto era protetto e gli scavi abusivi avvenuti nel 1959 e quelli sistematici degli anni 1964/65 hanno messo in luce reperti riferibili al Neolitico e all’Eneolitico. Il rinvenimento di monete romane d’oro, tra cui una di Vespasiano (69-79 d.C.), di frecce e pugnali nonché di numerosi sepolcri, fa supporre che ci fosse in età romana imperiale una piccola necropoli. Nel pianoro antistante la chiesetta si recuperarono altri oggetti attribuibili all’epoca medievale, forse legati alla frequentazione della chiesetta (frammenti di speroni, di staffe e fibbie in metallo e frammenti in ceramica di anfore e fusaiole). E’ difficile stabilire da quanti secoli la località sia stata oggetto di culto. La chiesetta attuale è stata sistemata nel 1600, ma la prima costruzione dovrebbe risalire al XIII secolo. E’ inoltre ipotizzabile la presenza in età romana di un nifeo, tempietto collegato al culto dell’acqua lustrale. In origine San Tomè doveva essere molto più piccola e presentava nella parete di fondo una bassa absidiola, di cui rimangono le tracce delle fondamenta e il segno del tetto che la copriva. Nel passato doveva essere stata oggetto di culti frequenti, come dimostrano gli affreschi le cui tracce emergono sotto l’intonaco. F. Di Manzano racconta che “Quando il beato Beltrando negli anni 1338, in Dardago addivenne ad un compromesso per i confini tra polcenigo e la Chiesa di Aquileia per il Comune di Aviano, gli abitanti di Dardago si accorsero che la chiesa era troppo piccola per contenere i molti fedeli ceh si recavano per venerare San Tommaso e decisero di amplificarla”. Venne allora soppressa l’abside perché non corrispondeva più al centro della parete di fondo. Infatti venne conservato il muro di destra che era affrescato e si rifecero, più all’infuoi, il muro di sinistra e la facciata. La chiesetta attuale nella sua semplicità si mostra estremamente suggestiva, in mezzo al verde, sotto lo scosceso sperone di roccia, che da tempo è diventato una palestra per allenare i rocciatori.